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Nel 1257 a Bologna fu emanato il "Liber Paradisus", un provvedimento con il quale furono riscattati e liberati i servi della gleba residenti sul territorio.

Siamo in pieno Medioevo e la fede nella libertà e nella dignità di ogni uomo, creato a immagine di DIo, diventa operativa e si fa concreta per tutti. Un esenpio di grande coerenza che anticipa di molto, nel segno della fede cristiana, le carte moderne dei diritti umani.

Viene qui proposta la traduzione del Prologo al Libro del Paradiso, introdotto da due testi, uno tratto da un vecchio libro di storia di Bologna e l'altro scritto dal traduttore del "Prologo" Massimo Guizzardi

 

Il libro del Paradiso

Il 25 Agosto del 1256, la campana dell’Arrengo chiama a raccolta i Bolognesi in Piazza Maggiore. È un accorrere festoso di uomini e di donne, persino di ragazzi, quasi tutti «servi» della città, e delle campagne vicine.

Nel centro della piazza vi sono già, i rappresentanti delle Corporazioni delle Arti, con lance, spade e vessilli multicolori. Attorno ad essi, un'immensa folla discute, grida e ride. Alcuni dicono che il Comune libererà circa 6 mila servi; altri che il Comune pagherà per il riscatto 10 lire d'argento bolognesi per chi ha più di quattordici anni, mentre ne darà solo 8 per quelli di età inferiore.
Tutti vorrebbero salire la scalinata che porta nel vasto Salone del Podestà. Le guardie del Comune, con lunghe mazze ferrate, tengono a stento libero il passaggio. Uno squillo di tromba annuncia l'arrivo delle supreme autorità. La folla batte le mani e gli stendardi si agitano. Preceduti dai valletti e seguiti dai giudici e dai notai, il Podestà e il Capitano del Popolo entrano nel Salone, per firmare il decreto che abolirà nel Comune di Bologna la «servitù», affinché tutti siano liberi cittadini e tutti godano di uguali diritti.

Nei primi mesi del 1257, il Comune farà poi compilare da quattro notai un memoriale, in cui sono elencati i nomi dei 5.807 servi liberati che appartenevano a 403 signori. Questo prezioso libro (conservato nel nostro Archivio di Stato) venne detto «Libro del Paradiso », perché la prima parola scritta era appunto «Paradiso», ricordando che Iddio nel Paradiso terrestre creò l'uomo e gli donò perfettissima e perpetua libertà.

Bologna ha il vanto sulle altre città d'Italia - e forse del mondo - di aver emanato il primo atto che abolì la servitù, pagandone il riscatto col pubblico denaro. Infatti, prima di allora, in città e specialmente nelle campagne, vivevano moltissimi servi detti « servi della gleba». Questi infelici non possedevano nulla, persino i loro figli erano proprietà del padrone. Non erano considerati esseri umani, ma soltanto cose: accadeva così che, quando il padrone vendeva un podere, vendeva, anche tutti i servi che lavoravano quella sua terra.

P. Gigli, M. Gigli,
Per le vie e le piazze di Bologna, Breve itinerario storico artistico
,
Libreria editrice Minerva, 1979, p.19

 

IL “LIBER PARADISUS” DEL COMUNE DI BOLOGNA (1257)

di Massimo Guizzardi

 

ParadisoAbbiamo dato qui una nostra traduzione del prologo del “Liber Paradisus” il provvedimento con cui, il 3 giugno del 1257, il Comune di Bologna decise di riscattare a suon di denaro, come si deduce dal testo, tutti i servi presenti nel suo territorio, dentro e fuori le mura della città.

Per 5.855 persone sottoposte al regime di servitù, di entrambi i sessi, di proprietà di 379 padroni, e compresi quelli che oggi definiremmo “preadolescenti” poiché la condizione servile si tramandava spesso di padre in figlio, il Comune bolognese, spese 33,014 lire, s’intende in moneta bolognese, in tre rate annuali, da versare fino al 1259.

Ci si potrà chiedere perché ci si occupa di un provvedimento di questo tipo in un “sito” dedicato all’insegnamento religioso nelle scuole. Tale provvedimento è un atto di carattere economico-giuridico. Prevede una “emancipazione” (è la traduzione più esatta del termine latino “manumissio”) tramite un riscatto in denaro, corrispondente si suppone grossomodo al prezzo di mercato di un servo, e il passaggio da una condizione di servitù a una condizione di libertà.

Ora ciò accade nell’epoca comunemente denominata “medioevo”, che si ritiene ancora nella mentalità di molti come epoca oscura proprio perché dominata dalla religione cristiana; tra l’altro è il caso di dire che nel Medioevo e fino in epoca tardo rinascimentale il riferimento al divino nei comuni negozi giuridici è universale.

Ci è sembrata più che opportuna la traduzione del prologo sia perché si tratta di un documento poco conosciuto agli stessi bolognesi, sebbene conservato a Bologna e precisamente all’Archivio di Stato in Piazza dei Celestini; poi perché anche chi non è a conoscenza della lingua latina possa rendersi conto delle ragioni teologiche che si pongono alle basi di questo atto di liberazione: Dio ha creato l’uomo libero; ed essendosi per la disobbedienza originale reso schiavo del peccato, lo ha riscattato tramite il suo Figlio fatto uomo, Gesù Cristo.

Ma si ritiene importante, prima di ritornare su questo punto, dare qualche cenno sulla nozione di servitù (o forse sarebbe meglio dire, come vedremo, “schiavitù” vera e propria) in quell’epoca e fare piazza pulita di nozioni come servi della gleba.


TRADUZIONE DEL PROLOGO
DEL “LIBER PARADISUS” DEL COMUNE DI BOLOGNA

 

Questo è il memoriale dei servi e delle serve che sono emancipati ed emancipate dal comune di Bologna; il quale memoriale si deve nominare a buon diritto “Paradisus”

In principio il Signore piantò un paradiso di delizie, nel quale pose l’uomo che aveva formato, e aveva ornato il suo stesso corpo di una veste candeggiante, donandogli perfettissimna e perpetua libertà. Ma egli, misero, dimentico della sua dignità e del dono divino, gustò il pomo proibito dal comando del Signore, per cui trascinò miseramente se stesso e tutta la sua posterità in questa valle, ed avvelenò in modo smisurato l’intero genere umano, avvincendolo miseramente nei legami della schiavitù diabolica: e così da incorruttibile divenne corruttibile, da immortale mortale, soggiacendo alla corruzione e a gravissima schiavitù.

Vedendo dunque Dio che tutto il mondo era miseramente perito, mandò il Figlio suo Unigenito, dalla Vergine Madre, con l’opera della grazia dello Spirito Santo, affinché a gloria della sua dignità, spezzate le catene della schiavitù dalle quali eravamo tenuti prigionieri, ci restituisse la primitiva libertà, e perciò molto utilmente si agisce, se gli uomini che all’inizio la natura generò e creò liberi e pose sotto il giogo del diritto delle genti (ius gentium) siano restituiti col beneficio dell’emanciopazione coloro che erano nati in quella librerò.

In considerazione della qual cosa, la città di Bologna, che ha sempre combattuto per la libertà, ricordando gli impegni passati e pensando ai futuri in onore del nostro Redentore e Signore Gesù Cristo, con una somma in denaro riscatta tutti quelli che nella città e diocesi di Bologna trova stretti dalla condizione servile, e decreta che siano liberi, dopo un’accurata indagine (inquisitione habita) stabilendo che nessuno, costretto da qualche forma di servitù osi dimorare nella città e diocesi di Bologna, affinché la massa che è stata riacquistata alla naturale libertà da un tale prezzo, possa essere corrotta da un qualche fermento di servitù, poiché un piccolo fermento può corrompere tutta la massa e la compagnia di un cattivo conduce molti sulla via disonesta.

Per vigilare la qual cosa, il signor Bonaccorsi da Soresina potestà di Bologna, la fama e ogni lode del quale diffusa in lungo e in largo si irradia come una stella e sotto il controllo del signor Giacomo Gratacelli suo giudice ed assessore raccomandato per la sua esperienza nel diritto (iuris peritia) la sua sapienza, costanza e temperanza, ha esteso il presente memoriale, che propriamente e a buon diritto si deve chiamare “Paradisus”, contenente i nomi dei padroni, dei loro servi e anche delle serve affinché appaia a quali servi e serve è fatta acquistare la libertà e a quale prezzo, cioè dieci lire per un servo o serva maggiore di quattordici anni e otto lire bolognesi per un minore, stabilito per ogni padrone per ognuno che detenesse nel vincolo della servitù.

Il memoriale è stato scritto da me, Corradino Sclariti, notaio incaricato all’ufficio dei servi e delle serve, nell’anno del Signore 1257, corrente l’indizione quindicesima, e tutto ciò che è detto sia ora e in memoria dei posteri.

Traduzione di Massimo Guizzardi