Testi
per
"Immagina un Paradiso"
di Massimo
Zambelli

Imagine
di John Lennon
Imagine
Imagine there's no heaven
It's easy if you try
No hell below us
Above us only sky
Imagine all the people
Living for today...
Imagine there's no countries
It isn't hard to do
Nothing to kill or die for
And no religion too
Imagine all the people
Living life in peace...
You may say I'm a dreamer
But I'm not the only one
I hope someday you'll join us
And the world will be as one
Imagine no possessions
I wonder if you can
No need for greed or hunger
A brotherhood of man
Imagine all the people
Sharing all the world...
You may say I'm a dreamer
But I'm not the only one
I hope someday you'll join us
And the world will live as one |
Immagina
Immagina non ci sia il Paradiso
prova, è facile
Nessun inferno sotto i piedi
Sopra di noi solo il Cielo
Immagina che la gente
viva al presente...
Immagina non ci siano paesi
non è difficile
Niente per cui uccidere e morire
e nessuna religione
Immagina che tutti
vivano la loro vita in pace..
Puoi dire che sono un sognatore
ma non sono il solo
Spero che ti unirai anche tu un giorno
e che il mondo diventi uno...
Immagina un mondo senza possessi
mi chiedo se ci riesci
senza necessità di avidità o rabbia
La fratellanza tra gli uomini
Immagina tutta le gente
condividere il mondo intero...
Puoi dire che sono un sognatore
ma non sono il solo
Spero che ti unirai anche tu un giorno
e che il mondo diventi uno... |
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Tratto
da: Henri de Lubac, Il
dramma dell'umansimo ateo, Morcelliana,
pp. 266-268
Il fatto sì è
che non c’è unione degna di questo
nome che tra persone, e non c'è persona
senza libertà, come non c'è
libertà senza Dio. Le bestie del branco
non sono unite affatto. La legge di un mondo
che rifiuta Dio è una legge di frazionamento
e di isolamento completo, tanto più
marcata quanto più stretta è
la rete formata dai legami sociali. «In
questo secolo tutti sono frazionati, ognuno
si allontana dai suoi simili, ed allontana
i suoi simili da sé; invece di affermare
la loro personalità, tutti cadono in
una solitudine completa»; così
«gli sforzi degli uomini non sboccano
che al suicidio totale» 49. «Questo
isolamento terribile un giorno finirà
certamente», ma quel giorno sarà
il giorno in cui il segno del Figlio dell'Uomo
apparirà in cielo...
Al messianismo terrestre, Dostoievski
oppone dunque l'apocalisse cristiana; ai sogni
di un paradiso collocato nell’avvenire
umano, la speranza del Regno di Dio. Conosciamo
le interpretazioni di un troppo facile conservatorismo,
che sul piano politico e sociale ha potuto
accogliere un tale pensiero. Sappiamo che
Dostoievski come pubblicista vi era molto
favorevole. Ma ora questo non ci interessa.
Non sfuggiremo una verità per paura
dei suoi abusi, o per diffidenza delle condizioni
psicologiche che hanno potuto favorire il
suo sbocciare. Così pure non si tratta
qui di adesione, ma di intelligenza, e Dostoievski
non può essere compreso che in profondità.
Dostoievski denuncia l'utopia
socialista ancora sotto un altro aspetto.
Questa Torre di Babele, supposto che un giorno
si innalzi, che alla fine essa offra una dimora
abitabile, in nome di che cosa mi si può
costringere oggi a seppellirmi nelle sue fondamenta?
Ogni generazione vale come un 'altra, e la
città futura non potrebbe mai interessarmi,
come invece mi interessa un Regno eterno...
«lo non voglio che il mio corpo con
le sue sofferenze e le sue mancanze serva
unicamente a concimare l'armonia futura»,
dice Ivan: e nella sua rivolta egli ha ragione,
se questa armonia è soltanto futura.
La stessa protesta scoppia veemente in Dolgoroki,
l'eroe de L'Adolescente:
“Forse io varrò
servire l'umanità e la servirò,
forse anche dieci volte meglio di tutti i
predicatori. Solo che io non voglio che nessuno
mai esiga da ne questo servizio... Voglio
che la mia libertà resti intera, anche
se non muovo neppure il dito mignolo... E
perché dovrei io amare il mio prossimo
od anche la vostra umanità futura,
che io non vedrò mai, che mai mi conoscerà,
e che a sua volta scomparirà senza
lasciare di sé tracce né ricordi
(il tempo non serve a nulla al proposito).
allorché la terra si muterà
a sua volta in un blocco di ghiaccio e volerà
nello spazio senza aria con una moltitudine
infinita di altri simili blocchi, cosa che
certamente e la più assurda che mai
si possa immaginare?”
Lo stesso romanzo L'Adolescente,
ci presenta un sogno in cui Dostoievski esprime
ancora una volta il suo sentimento sulla società
senza Dio. Contrariamente a tante altre pagine
del suo libro, così mordenti ed amare,
questa è di una grande dolcezza nella
sua malinconia. Non ci sono sarcasmi, non
invettive, ma una tenerezza commossa e triste,
che fa pensare al pianto di Gesù sulla
città di Gerusalemme, in così
vivo contrasto con la violenza dei testi apocalittici.
Versilov si rivolge a suo figlio,
il giovane Dolgoroki, che un momento fa ci
ha fatto sentire il suo grido di ribellione.
Gli dice come gli uomini hanno cacciato Dio
in una lotta orribile. Ora è venuta
«la bonaccia e gli uomini sono rimasti
soli, come volevano: la grande idea di un
tempo li ha lasciati; la grande sorgente di
energia che finora li ha alimentati e riscaldati
si è ritirata, come il sole maestoso
del quadro di Claudio Lorrain - ma ora è
l'ultimo giorno dell'umanità. E tutto
ad un tratto gli uomini hanno compreso che
sono rimasti completamente soli, hanno sentito
bruscamente un grande abbandono di orfani».
Versilov non ha mai potuto immaginarsi gli
uomini ingrati ed imbestialiti. Divenuti orfani,
che faranno essi se non serrarsi gli uni contro
gli altri, prendersi le mani sapendo ormai
che essi sono tutto gli uni per gli altri?
Con Dio, anche l'immortalità li ha
abbandonati. E per questo «tutto quel
grande eccesso di amore» che era orientato
verso l'al di là, troverà forse
ora il suo oggetto sulla terra? Non lavoreranno
essi tutti gli uni per gli altri, consolandosi
a vicenda, ciascuno facendosi tutto a tutti?
Versilov continua il suo sogno:
“Ogni ragazzo sentirebbe
che ogni uomo sulla terra è per lui
un padre e una madre. «Che domani sia
il mio ultimo giorno, ciascuno si direbbe
guardando il sole morente, poco importa: essi
resteranno e dopo di essi i loro figli»;
e questo pensiero che resteranno, continuando
ad amarsi e a tremare gli uni per gli altri,
sostituirebbe l'idea dell'incontro d'oltre
tomba! Oh, come si affretterebbero ad amare
per soffocare la grande angoscia del loro
cuore! Essi sarebbero fieri ed arditi per
se stessi, ma timidi per gli altri; ciascuno
tremerebbe per la vita e per la felicità
di ognuno. Incontrandosi, si guarderebbero
con uno sguardo profondo, pieno di comprensione,
e nei loro sguardi ci sarebbe amore e dolore.
...Ahimé! ... Versilov, O piuttosto
Dostoievski, interrompe il suo sogno, Improvvisamente
egli comprende che non è altro che
una fantasia «e delle più inverosimili».
In altra parte egli ha visto cosa diventano
gli uomini orfani. Si tratta ancora di un
sogno, un sogno di Raskolnikov, all'ospedale
del bagno; ed è un sogno nel suo modo
più abituale.
In una notte di delirio, Raskolnikov
- Dostoievski - ha visto un flagello inaudito
abbattersi sull'Europa:
“Certi esseri parassiti,
di una specie nuova, esseri microscopici,
avevano fatta la loro comparsa, eleggendo
il loro domicilio nel corpo delle persone.
Ma questi animaletti erano spiriti dotati
di intelligenza e di volontà. Gli individui
che ne erano affetti, diventavano all'istante
pazzi furiosi. Ma mai, mai gli uomini si erano
tanto creduti così in possesso della
verità quanto credevano di esserlo
quegli afflitti. Mai avevano tanto creduto
alla infallibilità dei loro giudizi,
delle loro conclusioni scientifiche, dei loro
princìpi morali e religiosi Villaggi
interi, città e nazioni intere ne erano
contaminate e perdevano la ragione. Tutti
erano in angoscia, e non si comprendevano
più gli uni gli altri. Ognuno credeva
di possedere da solo la verità e di
discernere ciò che era il bene ed il
male. Non si sapeva chi condannare, chi assolvere.
Gli uomini si uccidevano gli uni gli altri,
sotto l'impero di una collera assurda. Scoppiarono
incendi, poi fu la fame... La pestilenza faceva
strage e si propagava sempre più. In
tutto il mondo soltanto alcuni potevano essere
salvi: erano i puri e gli eletti, predestinati
a rinnovare la terra; ma nessuno in nessun
posto faceva attenzione a quegli uomini, nessuno
ascoltava la loro voce”.
Tale dev'essere stata press'a
poco la visione che venne a turbare Versilov,
facendogli interrompere il suo sogno. Ma questo
uomo enigmatico, ora violento, ora dolce,
ardente e distaccato, scettico e credente,
,quest'uomo che «portava nel cuore l:età
d'oro e conosceva l'avvenire dell'ateismo»,
ritrova un motivo di speranza nell'ultima
visione che confida ancora a suo figlio. No,
gli uomini orfani non hanno accolto nobilmente
la loro disgrazia, e questa è assolutamente
senza rimedio.., Tuttavia...
“ho sempre terminato
il mio quadro con una visione, come in Heine,
del «Cristo sul Baltico». Non
ho mai potuto fare a meno di Lui. Non potevo
non vederlo alla fine, in mezzo agli uomini
divenuti orfani. Egli veniva verso di loro,
tendendo le braccia, e dicendo: "Come
avete potuto voi dimenticarmi?». Allora
una specie di velo cadrebbe dagli occhi di
tutti e risuonerebbe l'inno entusiasta della
nuova ed ultima risurrezione... “
Come Nietzsche, proprio nello
stesso tempo (L'Adolescente è del 1875,
La Gaia Scienza del 1882), Dostoievski ha
visto il sole divino tramontare sull'orizzonte
della nostra vecchia Europa. Egli non ha celebrato
questa notte come un trionfo, ma non ha neppure
disperato. Ha creduto che l'Europa sarebbe
ritornata al Cristo.
Tratto
da: T. W. Adorno, Minima
moralia, Einaudi, pp. 304
La filosofia, quale solo potrebbe
giustificarsi al cospetto della disperazione,
è il tentativo di considerare tutte
le cose come si presenterebbero dal punto
di vista della redenzione. La conoscenza non
ha altra luce che non sia quella che emana
dalla redenzione sul mondo: tutto il resto
si esaurisce nella ricostruzione a posteriori
e fa parte della tecnica. Si tratta di stabilire
prospettive in cui il mondo si dissesti, si
estranei, riveli le sue fratture e le sue
crepe, come apparirà un giorno, deformato
e manchevole, nella luce messianica. Ottenere
queste prospettive senza arbitrio e violenza,
dal semplice contatto con gli oggetti, questo,
e questo soltanto, è il compito del
pensiero. È la cosa più semplice
di tutte, poiché lo stato attuale invoca
irresistibilmente questa conoscenza, anzi,
perché la perfetta negatività,
non appena fissata in volto, si converte nella
cifra del suo opposto. Ma è anche l'assolutamente
impossibile, perché presuppone un punto
di vista sottratto, sia pure di un soffio,
al cerchio magico dell'esistenza, mentre ogni
possibile conoscenza, non soltanto dev'essere
prima strappata a ciò che è
per riuscire vincolante, ma, appunto per ciò,
è colpita dalla stessa deformazione
e manchevolezza a cui si propone di sfuggire.
Il pensiero che respinge più appassionatamente
il proprio condizionamento per amore dell'incondizionato,
cade tanto più inconsapevolmente, e
quindi più fatalmente, in balia del
mondo. Anche la propria impossibilità
esso deve comprendere per amore della possibilità.
Ma rispetto all'esigenza che cosi gli si pone,
la stessa questione della realtà o
irrealtà della redenzione diventa pressoché
indifferente.
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