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Se l'embrione sia solo vita o anche persona.
Argomentata risposta a Galli della Loggia
di Roberto de Mattei
Storico - Università di Cassino - da Il Foglio 06-11- 04
Le tesi del filosofo Singer che scinde il concetto
di persona da quello di uomo e le loro incredibili conseguenze.
La posizione del Giusnaturalismo e del pensiero cristiano
Nel suo confronto con il cardinale Ratzinger, a Palazzo Colonna,
lo scorso 25 ottobre, Ernesto Galli della Loggia ha affermato che
l'unica possibile "appartenenza identitaria dell'occidente"
è oggi quella dei diritti umani. Questa tesi contiene una
indubbia verità. Chi ritiene che il terrorismo rappresenti
la minaccia più grave e immediata per l'occidente, deve ammettere
che esso può essere efficacemente contrastato solo negandone
i presupposti ideologici. E poiché il terrorismo si presenta
come radicale negazione del diritto alla vita dei cittadini innocenti,
esso andrà combattuto ribadendo innanzitutto gli inalienabili
diritti della persona umana, quali sono stati elaborati nel corso
dei secoli dal pensiero occidentale.
Questa affermazione è però in intima
contraddizione con la tesi, cui sembra indulgere lo stesso Galli
della Loggia, secondo la quale occorre distinguere tra vita umana
e persona, attribuendo all'embrione l'attributo della vita, ma non
la qualifica di "persona". Questo punto è centrale,
e merita di essere approfondito.
Vita e persona non coincidono necessariamente. L'uomo
ha in comune con le piante e con gli animali la vita: vegetativa
nel primo caso, sensitiva nel secondo. Tra la vita delle piante
e degli animali e quella dell'uomo c'è però un abisso
o, se si preferisce, un salto di qualità. Questo salto è
dato dalla facoltà di pensare dell'uomo, che costituisce
anche la prova luminosa e inconfutabile della spiritualità
della sua anima. La parola "persona" significa, secondo
san Tommaso d'Aquino, quanto c'è di più nobile in
tutto l'universo e indica la dignità dell'individuo di natura
razionale (Summa Theologica, I, q. 29, a. 3) , che in quanto tale,
è libero di scegliere il suo ultimo fine e ha la piena responsabilità
delle sue azioni. La ragione è in questo senso, con la volontà,
il fondamento della dignità della persona umana. Fra le creature
terrene, la dignità di persona spetta dunque solo all'uomo,
perché solo l'uomo è un individuo razionale; non può
essere attribuita agli animali, né alle piante, né
ad alcun altro essere privo di ragione. Alcuni autori moderni, come
Peter Singer, acclamato campione della sinistra postmoderna, dissolvono
il legame che unisce l'uomo alla persona, affermando che possono
esistere "persone" non umane e uomini privi della dignità
di persona.
Quali sono i membri della specie umana a cui si dovrebbe
negare la qualifica di "persone"? Singer li enumera senza
alcun imbarazzo: i feti, gli handicappati, i neonati, perfino i
bambini e gli anziani "privi di reale coscienza", possono
essere considerati esseri viventi, "membri della specie homo
sapiens", ma non persone. Per contro, egli scrive, potrà
essere attribuita la qualifica di "persone" ad "alcuni
animali non-umani, come gli scimpanzé, le balene, i delfini,
le scimmie non antropomorfe, i cani, gatti, maiali, foche e orsi,
e forse le galline". Ciò che attribuisce dignità
di persona ad un essere vivente, per Singer, non sono la ragione
e la volontà, ma la sua capacità di "autocoscienza"
e di "desiderio". "Uno scimpanzé, un cane,
un maiale, per esempio, avranno un ben più alto grado di
autocoscienza e una maggiore capacità di relazioni significative
con gli altri rispetto a un bambino gravemente ritardato o a qualcuno
in stato di avanzata vecchiaia. "Scimmie, cani, gatti, e perfino
topi e ratti, sono più intelligenti, più consapevoli
di quanto accade loro, più sensibili al dolore e così
via, di molti umani cerebrolesi, degenti nelle corsie di ospedali
o in altre istituzioni. Non sembrano esistere caratteristiche moralmente
rilevanti che questi umani posseggano e di cui manchino gli animali".
Le conseguenze di queste premesse sono inesorabili: "Alcuni
esseri appartenenti a specie diverse dalla nostra sono persone,
alcuni esseri umani non lo sono. Nessuna valutazione oggettiva può
attribuire alla vita di esseri umani che non sono persone maggior
valore che alla vita di esseri di altre specie che lo sono. Al contrario,
abbiamo ragioni molto forti per dare più valore alla vita
delle persone che a quella delle non-persone. E così, sembra
che sia più grave uccidere, per esempio, uno scimpanzé,
piuttosto che un essere umano gravemente menomato che non è
una persona". La giustificazione non solo dell'aborto, ma dello
stesso infanticidio ne deriva coerentemente. Poiché il valore
della vita di una persona è legato alla sua "autocoscienza"
e alla sua capacità di avere desideri circa il suo futuro,
"uccidere una lumaca o un neonato di un giorno non frustra
alcun desiderio di questo tipo, perché lumache e neonati
sono incapaci di avere tali desideri". "Pensare che le
vite dei bambini abbiano un valore speciale perché i bambini
sono piccoli e carini è lo stesso che pensare che un cucciolo
di foca, con la sua morbida pelliccia bianca e grandi occhi espressivi,
sia meritevole di maggior protezione di una balena che manca di
questi attributi". Analogamente l'eutanasia - semplice soppressione
di un individuo a cui manca l'integrità della persona - può
e anzi deve essere ammessa per bambini deformi o gravemente ritardati
e per persone che, a causa di incidenti, malattie o vecchiaia, sono
giudicati inadatti a vivere. Singer, che pure ha avuto parenti vittime
dell'Olocausto, giunge al punto di rimpiangere l'eugenetica nazista:
"I nazisti hanno commesso crimini orrendi, ma questo non significa
che qualsiasi cosa i nazisti abbiano fatto sia orrenda. [...] Una
vita di sofferenza fisica, non riscattata da una qualsiasi forma
di piacere o da un livello minimo di autocoscienza, non è
degna di essere vissuta". Le citazioni sono lunghe, ma necessarie:
tutte tratte dalle principali opere di Singer, tradotte in italiano,
in particolare "Etica pratica" e "Liberazione animale".
L'errore alla base di queste aberrazioni sta nel sostituire la distinzione
di fondo tra vita umana e vita non umana con quella, fittizia, tra
vita umana e persona. Cadono nel tranello quei cattolici che pretendono
di contrapporre all'avversario argomenti "scientifici"
invece che argomenti "filosofici", ammettendo con ciò
stesso il primato della scienza sulla filosofia.
L'embrione infatti non è uomo solo perché
l'uovo fertilizzato contiene un nuovo programma di vita, delineato
e inscritto in modo stabile nel genoma dello zigote. Ciò
è vero, ma non dimostra ancora che esso sia persona. L'embrione
è persona perché il suo principio vitale è
il medesimo dell'uomo adulto. Ma questo principio vitale - ecco
il punto - non è di natura biologica, ma spirituale. E' un
principio immateriale che nella tradizione dell'occidente è
noto come anima. E' questo il vero motivo per cui il bambino anencefalico
e l'individuo cerebralmente morto sono persone umane. Certo, l'esame
biologico ci dimostra che l'embrione non è un mero grumo
di cellule, ma è un individuo della specie umana, identificato
dal proprio patrimonio genetico, che contiene progetto di vita unico
e irripetibile. L'embrione va però considerato come uomo,
per un motivo filosofico, non biologico. L'umanità dell'embrione
è infatti una evidenza razionale, che parte dall'esame del
dato biologico ma poi si eleva all'esame filosofico, sulla base
della constatazione che un individuo della specie umana può
vivere solo perché possiede un principio vitale spirituale
che lo costituisce come una "sostanza individuale di natura
razionale", ossia una persona. Questo principio vitale spirituale
è l'anima, dotata di facoltà immateriali che chiamiamo
intelligenza e volontà. Ma per essere un uomo, avere un'anima
e quindi possedere dignità di persona, non c'è bisogno
di avere già in atto le capacità di conoscere, volere
e amare tipiche dell'adulto (del resto, nemmeno il neonato le ha
tutte in atto), basta averle in potenza. Essere persona vuol dire
essere un "animale razionale", ossia avere la natura umana,
che si sviluppa gradualmente - dapprima in seno alla madre e poi
in seno alla famiglia - attuando progressivamente le potenzialità
umane già presenti in germe nel nascituro. Ecco perché
l'embrione va considerato non come una cosa, un oggetto producibile
e manipolabile a piacimento (come accade nella fecondazione artificiale),
bensì come un "soggetto": ossia come un sub-jectum,
come una sostanza personale che "sta sotto", e quindi
"sostiene", le parti (organi, facoltà) che lo compongono
e le relazioni che lo riguardano. Un uomo, sia nascituro che già
nato, è certamente soggetto di relazioni, ma è capace
di queste relazioni proprio perché è un soggetto;
dunque non si identifica né si riduce a queste relazioni,
nemmeno a quelle che lo legano ai suoi genitori, tanto che non è
un loro prodotto, bensì un loro figlio, di natura uguale
alla loro e, avendo anch'egli un'anima immortale, destinato come
loro a una vita eterna.
L'embrione è persona, anche se non è
capace di pensare e di volere, o di comunicare e relazionarsi con
gli altri, proprio perché un uomo è tale anche se
non ne ha coscienza. L'auto-consapevolezza è certamente presupposto
indispensabile per esercitare la libertà umana, ma non è
caratteristica costitutiva della natura umana; l'uomo è tale
semplicemente perché partecipa dell'umana natura, non perché
sia capace d'intendere e di volere. La concezione dell'uomo ridotto
alla propria auto- coscienza è un errore che deriva dall'idea
erronea di ridurre l'uomo alla sua libertà; ma "prima"
di essere libero (ossia capace di scegliere) l'uomo dev'essere razionale
(ossia capace di distinguere le possibilità di scelta), e
"prima" di essere razionale deve avere la natura umana,
altrimenti non potrebbe in nessun modo svilupparne quelle facoltà
che sono appunto la ragione e la volontà. Per questo l'embrione
è persona, anche prima di elaborare quella radice del cervello
che è la corteccia cerebrale; il cervello è organo
della coscienza, ma esso non produce il pensiero e la volontà;
semplicemente esso è organo indispensabile per l'esercizio
di queste due facoltà, che tuttavia permangono in potenza
nell'anima; per questo motivo non è lecito sopprimere l'embrione
col pretesto che è privo di cervello o di non averlo funzionante,
e parimenti non è lecito sopprimere il malato terminale col
pretesto che il suo cervello non dà segni di vita. La vita
non è il pensiero, né l'autocoscienza, anzi l'uno
e l'altro presuppongono l'esistenza della vita, ossia dell'anima.
Dove non c'è vita non può esserci autocoscienza, ma
dove non c'è autocoscienza può egualmente esserci
vita. La negazione della qualifica di persona all'uomo conduce a
quel panvitalismo, che vorrebbe ridurre tutti gli essere viventi
a un sostanza unica che tutto abbraccia. Si tratta di una nuova
visione cosmologica il cui presupposto è l'interdipendenza
di tutti gli enti (animati e inanimati) della natura e la dissoluzione
di ogni confine tra uomo e mondo. La Terra con la sua biosfera e
la sua umanità forma in questa prospettiva un sistema complesso
e onnicomprensivo. Essa diviene qualcosa di più di una patria,
una "religione terrestre" che ha in "Gaia" il
suo culto.
L'ecologismo radicale idolatra la materia, e particolarmente
le forme primitive di vita, ritenendole più vicine all'indistinto
e al "naturale" primordiale, che nella sua prospettiva
sostituisce l'Assoluto, cioè Dio; in questo senso mette egualitariamente
sullo stesso piano tutte le forme di vita, dall'ameba e dal virus
fino al pesce, alla scimmia e all'uomo; eppure, contraddittoriamente,
ritiene che la vita umana sia degna di rispetto solo dove essa è
comunicativa, autocosciente, libera: così l'embrione non
sarebbe "persona" mentre lo sarebbe il rospo, in quanto
il primo sarebbe incapace di relazioni personali a differenza del
secondo. La realtà è che qui trionfa l'arbitrio dell'ideologia,
e il sopruso di accettare come degno di rispetto solo ciò
che ci piace, scartando tutto il resto. Il diritto naturale invece,
confermato dalla dottrina cristiana, non idolatra la vita, ma la
rispetta in quanto opera del Creatore, come immagine della divina
Sapienza. Esso fa inoltre una netta differenza tra la vita animale,
che è meramente materiale e quella umana, che è spirituale
e destinata a una vita eterna. La vita animale ha una propria dignità,
ma ha uno scopo strumentale, ossia è finalizzata a essere
usata (con saggezza e moderazione) a beneficio dell'uomo, nel quale
l'intero creato trova il proprio vertice e compimento. Ogni uomo
è persona, vale a dire un individuo razionale, sussistente
per sé e che può determinare sé stesso ad agire,
dunque padrone dei propri atti. Ciò che fa l'uomo persona
è il fatto di avere la ragione e la volontà. Ma l'uomo
resta persona anche nel caso che l'esercizio delle sue facoltà
intellettive e volitive sia sospeso, come nel caso del sonno, o
irrimediabilmente pregiudicato, o non ancora manifestato.
La vita della persona umana non è legata infatti
alla esplicitazione delle sue facoltà. La dignità
della persona umana non dipende dalla maggiore o minore "qualità"
della vita. La vita umana ha valore proprio, antecedente alle proprie
qualità, ed è per questo inviolabile. Il principio
di intangibilità della vita umana, certamente, non è
privo di limitazioni: esiste il diritto di difendersi contro un
ingiusto aggressore fino al punto di ucciderlo, se necessario. Tuttavia
non vi è nessuna ragione che possa giustificare l'uccisione
diretta di un innocente, sia come scopo che come mezzo per un altro
scopo, sia pure nobile. Lo ha ben spiegato in numerosi documenti
Giovanni Paolo II e, prima di lui Pio XII, in un importante Discorso
del 29 ottobre 1951, preceduto a sua volta da molti altri testi,
tra i quali il Decreto del S. Uffizio del 2 dicembre 1940 che condannava
con vigore le pratiche naziste di eliminazione di innocenti fisicamente
o psichicamente tarati. "La vita di un innocente - ricorda
il magistero della Chiesa - è intangibile e qualunque diretto
attentato o aggressione contro di essa è violazione di una
delle leggi fondamentali senza le quali non è possibile alcuna
convivenza umana". Se non esistono atti in sé illeciti,
quali che siano il fine e le circostanze, tutto sarà necessariamente
permesso, e la vita sociale sarà regolata dalla legge del
più forte. I diritti umani non possono fondarsi sul relativismo
e sul soggettivismo, ma possono solo scaturire da una legge naturale,
assoluta e oggettiva, comune a tutti gli uomini. Se la società
internazionale rifiuta di fondarsi sul diritto naturale, indipendente
dalla volontà degli Stati e degli individui, non esiste ragione
per rifiutare il terrorismo.
Se ammettiamo che, per qualsiasi motivo, la vita
umana possa essere soppressa, non possiamo fondare nessun "diritto
umano", perché i diritti umani per avere valore devono
essere universali e necessari. E' questa la tradizione che dai giuristi
romani, attraverso la teologia e il diritto del Medioevo, arriva
fino ai nostri giorni e consente di fondare quel nuovo giusnaturalismo,
sulle cui basi, come giustamente osserva Ernesto Galli della Loggia,
l'occidente potrebbe ritrovare la propria identità.
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