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L'inizio dell'esistenza? L'atto della fecondazione
di Roberto Colombo
Dal Corriere della Sera, 1 Febbraio 2005,
p. 11
L'intervento di Roberto Colombo,
docente di Neurobiologia e Genetica presso l’Università
Cattolica del Sacro Cuore di Milano, nel dibattito sulla fecondazione
medicalmente assistita
Mi sono sentito interpellato dalla domanda che ricorre
con insistenza: che cosa sanno e dicono gli scienziati sull'inizio
della nostra vita individuale? Senza chiarire anzitutto un aspetto
di metodo scientifico, ogni ricorso alla biologia per sapere quando
ha inizio la vita di un individuo umano è privo di valore
conoscitivo e, dunque, eventualmente decisivo in ordine alla questione
del rispetto e della tutela di questa vita giovanissima. La scienza
moderna non si fonda sul sapere di rari cultori di arcane discipline,
ma sul complesso delle conoscenze consolidate, validate e condivise
dalla comunità internazionale dei ricercatori attraverso
gli strumenti della letteratura scientifica (le migliaia di riviste
scientifiche sulle quali appaiono i risultati dei lavori degli studiosi,
le rassegne ed i manuali di riferimento). Come “una rondine
non fa primavera”, così non è l’affermazione
di questo o di quello scienziato che fa la scienza. Neppure se è
un premio Nobel.
Negli Stati Uniti, dove la stima per la scienza non
fa certo difetto, alcuni vincitori del Nobel si sono visti bocciare
i propri progetti di ricerca, o respingere una richiesta di contributi,
per una valutazione negativa di alcune loro affermazioni da parte
di anonimi colleghi senza fama ed onori, ma tra di loro concordi
nel riconoscere che la realtà era diversa da come prospettata
dall’insigne studioso. Questa procedura viene chiamata “recensione
anonima” o “recensione alla pari”, perché
mette tutti sullo stesso piano (una sorta di democrazia della scienza),
e viene ormai applicata in tutto il mondo scientifico. Alla fine
ciò che conta è la forza delle evidenze osservazionali
e sperimentali e dell’esercizio corretto della ragione, non
il nome di chi fa un’affermazione. Non ha dunque nessun senso
(tanto meno scientifico) citare a sostegno delle proprie tesi uno,
dieci o cinquanta premi Nobel, soprattutto se la maggior parte di
questi ultimi non è uno studioso che si è occupato
specificamente della materia in questione. L’ipse dixit appartiene
ad altre forme di sapere e ad altri tempi.
Da dove dunque è corretto attingere le informazioni
biologiche necessarie per poter affermare o negare che la vita di
ciascuno di noi è iniziata nella forma di un embrione umano
e che quest’ultimo si è costituito attraverso la fusione
di due cellule germinali, l’ovocita maturo e lo spermatozoo?
Come ogni altra informazione di tipo scientifico essa deve venire
ricercata leggendo con competenza e confrontando con pazienza le
migliaia e migliaia di lavori osservazionali e sperimentali e le
centinaia di rassegne e di manuali di riferimento scritti da studiosi
di tutto il mondo, che sono passati al vaglio della “recensione
alla pari” e sono stati ritenuti metodologicamente corretti
per la realtà che descrivono. Proviamo, come esercizio esemplificativo,
a interrogare il complesso degli studi, dei manuali di riferimento
e dei testi di insegnamento a livello universitario – diversi
per lingua e luogo di edizione – per conoscere che cosa la
scienza, attraverso oltre un secolo di indagini – afferma
a proposito dell’inizio della vita di un nuovo essere vivente,
un individuo appartenente ad una data specie (compresa quella umana)
che si riproduce sessualmente. La risposta è certa e unanime:
la vita di un nuovo organismo vivente (o essere vivente o individuo
vivente: la biologia non distingue tra questi tre termini, come
invece fanno alcuni filosofi) ha inizio con un processo chiamato
fecondazione, che consiste nella fusione tra lo spermatozoo e la
cellula-uovo. Non è questo lo spazio idoneo per citare tutte
le pagine delle riviste internazionali e dei volumi che si trovano
nelle biblioteche scientifiche di università e centri di
ricerca, che riportano una amplissima e consistente documentazione
di tale affermazione. Ne ricordiamo una per tutti. Per il sito web
della più vasta biblioteca biomedica del mondo, la National
Library of Medicine di Bethesda (Usa), è stato scelto come
manuale che riassume il saper più aggiornato nel campo della
embriologia il volume Developmental Biology del professor Scott
F. Gilbert, il testo di biologia dello sviluppo maggiormente diffuso
nelle università americane e giunto in pochi anni alla sesta
edizione. Il capitolo 7, nel quale viene illustrato come inizia
la vita individuale di un essere vivente sessuato, ha per titolo:
“Fertilization: Beginning a new organism”. La fecondazione
è l’inizio di un nuovo organismo. Non uno o alcuni
giorni dopo la fecondazione, non con l’impianto nell’endometrio
dell’utero, non passate due settimane, ma quando i due gameti
“fuse togheter” (Gilbert, inizio del capitolo citato),
si fondono per dare origine all’embrione unicellulare o zigote.
L’espressione “one-cell embryo” (embrione unicellulare)
si ritrova in numerosissimi lavori di biologia dello sviluppo animale
e umano, a testimonianza della consapevolezza dei ricercatori che
l’embrione inizia ad esistere già allo stadio di una
singola cellula, derivante dalla fusione dell’ovocita e dello
spermatozoo.
Il professor Boncinelli ha ragione quando afferma
che “dal punto di vista biologico non c’è in
sostanza nessuna discontinuità dal concepimento alla nascita
e oltre”. E’ ciò che tutta la scienza sull’embrione
da sempre conosce e insegna. E giustamente sottolinea che ogni “spartiacque”
successivo alla fecondazione è una “convenzione umana”.
Non ci si appelli dunque alla scienza – né, tantomeno,
a uno, dieci o cinquanta premi Nobel – per forzare le decisioni
dei cittadini in merito ad una scelta convenzionale che nulla ha
di scientifico, ma si affronti con coraggio e libertà la
vera questione che è in gioco: vi sono ragioni adeguate per
ritenere che non ogni essere umano sia una persona umana come noi,
meritevole di rispetto e di tutela?
Roberto Colombo
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