La
legge 194 del 1978 si chiama "Norme per la
tutela sociale della maternità e sull'interruzione
volontaria della gravidanza". La tutela sociale prevede
un interessamento della società. La società
non sono solo i cattolici. Combattere l'aborto riguarda
quindi tutti. Fanno meditare le parole di Norberto Bobbio:
"Mi stupisco che i laici lascino ai credenti il privilegio
e l'onore di affermare che non si deve uccidere"
(Intervista integrale).
La legge 194 contierne dei punti sulla lotta
all'aborto, nno solo all'aborto clandestino, che non sono
applicati. Solo a parlarne scattano reazioni reazionarie.
I cattolici oggi chiedono
che almeno la legge 194 sia applicata bene,
cioè integralmente:
Riconoscendo ed educando al valore della
maternità (art. 1)
Tutelando la vita umana dal suo inizio
(art. 1)
Non banalizzando l'aborto riducendolo
a metodo di regolazione delle nascite (artr. 1)
Rimuovendo fattivamente le cause che portano
ad abortire (artt. 2 e 5)
Aprendo i consultori all'azione del volontariato
(art. 2)
Consigliamo la lettura di questi articoli,
senza paraocchi e pregiudizi.
Estratto della legge
194
Articolo 1
Lo Stato garantisce il diritto
alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce
il valore sociale della maternità e tutela la vita
umana dal suo inizio.
L'interruzione volontaria della gravidanza,
di cui alla presente legge, non è mezzo per
il controllo delle nascite.
Lo Stato, le regioni e gli enti locali,
nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono
e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché
altre iniziative necessarie per evitare che lo aborto
sia usato ai fini della limitazione delle nascite.
Articolo 2
I consultori familiari ...
assistono la donna in stato di gravidanza:
...d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero
indurre la donna all'interruzione della gravidanza.
I consultori sulla base
di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi,
per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria
di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del
volontariato, che possono anche aiutare la maternità
difficile dopo la nascita.
Articolo 5
Il consultorio e la struttura
socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari
accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso,
e specialmente quando la richiesta di interruzione della
gravidanza sia motivata dall'incidenza delle condizioni
economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante,
di esaminare con la donna e con il padre del concepito,
ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità
e della riservatezza della donna e della persona indicata
come padre del concepito, le possibili soluzioni
dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause
che la porterebbero alla interruzione della gravidanza,
di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice
e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto
a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari
sia durante la gravidanza sia dopo il parto. .
L. 22 maggio 1978, n. 194
Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione
volontaria della gravidanza.
Testo Integrale
1. Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente
e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità
e tutela la vita umana dal suo inizio.
L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla
presente legge, non è mezzo per il controllo delle
nascite.
Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle
proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i
servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie
per evitare che l'aborto sia usato ai fini della limitazione
delle nascite.
2. I consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio
1975, n. 405 , fermo restando quanto stabilito dalla stessa
legge, assistono la donna in stato di gravidanza:
a) informandola sui diritti a lei spettanti in base alla
legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali,
sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture
operanti nel territorio;
b) informandola sulle modalità idonee a ottenere
il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a
tutela della gestante;
c) attuando direttamente o proponendo all'ente locale competente
o alle strutture sociali operanti nel territorio speciali
interventi, quando la gravidanza o la maternità creino
problemi per risolvere i quali risultino inadeguati i normali
interventi di cui alla lettera a);
d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre
la donna all'interruzione della gravidanza.
I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni
possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della
collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di
base e di associazioni del volontariato, che possono anche
aiutare la maternità difficile dopo la nascita.
La somministrazione su prescrizione medica, nelle strutture
sanitarie e nei consultori, dei mezzi necessari per conseguire
le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione
responsabile è consentita anche ai minori.
3. Anche per l'adempimento dei compiti ulteriori assegnati
dalla presente legge ai consultori familiari, il fondo di
cui all'articolo 5 della legge 29 luglio 1975, n. 405 ,
è aumentato con uno stanziamento di L. 50.000.000.000
annui, da ripartirsi fra le regioni in base agli stessi
criteri stabiliti dal suddetto articolo.
Alla copertura dell'onere di lire 50 miliardi relativo all'esercizio
finanziario 1978 si provvede mediante corrispondente riduzione
dello stanziamento iscritto nel capitolo 9001 dello stato
di previsione della spesa del Ministero del tesoro per il
medesimo esercizio. Il Ministro del tesoro è autorizzato
ad apportare, con propri decreti, le necessarie variazioni
di bilancio.
4. Per l'interruzione volontaria della gravidanza entro
i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze
per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto
o la maternità comporterebbero un serio pericolo
per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo
stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali
o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto
il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni
del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito
ai sensi dell'articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio
1975 numero 405 , o a una struttura socio-sanitaria a ciò
abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia.
5. Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre
a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno
il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta
di interruzione della gravidanza sia motivata dall'incidenza
delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla
salute della gestante, di esaminare con la donna e con il
padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto
della dignità e della riservatezza della donna e
della persona indicata come padre del concepito, le possibili
soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere
le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza,
di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice
e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto
a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari
sia durante la gravidanza sia dopo il parto.
Quando la donna si rivolge al medico di sua fiducia questi
compie gli accertamenti sanitari necessari, nel rispetto
della dignità e della libertà della donna;
valuta con la donna stessa e con il padre del concepito,
ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità
e della riservatezza della donna e della persona indicata
come padre del concepito, anche sulla base dell'esito degli
accertamenti di cui sopra, le circostanze che la determinano
a chiedere l'interruzione della gravidanza; la informa sui
diritti a lei spettanti e sugli interventi di carattere
sociale cui può fare ricorso, nonché‚
sui consultori e le strutture socio-sanitarie.
Quando il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria,
o il medico di fiducia, riscontra l'esistenza di condizioni
tali da rendere urgente l'intervento, rilascia immediatamente
alla donna un certificato attestante l'urgenza.
Con tale certificato la donna stessa può presentarsi
ad una delle sedi autorizzate a praticare la interruzione
della gravidanza.
Se non viene riscontrato il caso di urgenza, al termine
dell'incontro il medico del consultorio o della struttura
socio-sanitaria, o il medico di fiducia, di fronte alla
richiesta della donna di interrompere la gravidanza sulla
base delle circostanze di cui all'articolo 4, le rilascia
copia di un documento, firmato anche dalla donna, attestante
lo stato di gravidanza e l'avvenuta richiesta, e la invita
a soprassedere per sette giorni. Trascorsi i sette giorni,
la donna può presentarsi, per ottenere la interruzione
della gravidanza, sulla base del documento rilasciatole
ai sensi del presente comma, presso una delle sedi autorizzate.
6. L'interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi
novanta giorni, può essere praticata:
a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo
per la vita della donna;
b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli
relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro,
che determinino un grave pericolo per la salute fisica o
psichica della donna.
7. I processi patologici che configurino i casi previsti
dall'articolo precedente vengono accertati da un medico
del servizio ostetrico-ginecologico dell'ente ospedaliero
in cui deve praticarsi l'intervento, che ne certifica l'esistenza.
Il medico può avvalersi della collaborazione di specialisti.
Il medico è tenuto a fornire la documentazione sul
caso e a comunicare la sua certificazione al direttore sanitario
dell'ospedale per l'intervento da praticarsi immediatamente.
Qualora l'interruzione della gravidanza si renda necessaria
per imminente pericolo per la vita della donna, l'intervento
può essere praticato anche senza lo svolgimento delle
procedure previste dal comma precedente e al di fuori delle
sedi di cui all'articolo 8. In questi casi, il medico è
tenuto a darne comunicazione al medico provinciale.
Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del
feto, l'interruzione della gravidanza può essere
praticata solo nel caso di cui alla lettera a) dell'articolo
6 e il medico che esegue l'intervento deve adottare ogni
misura idonea a salvaguardare la vita del feto.
8. L'interruzione della gravidanza è praticata da
un medico del servizio ostetrico-ginecologico presso un
ospedale generale tra quelli indicati nell'articolo 20 della
legge 12 febbraio 1968, numero 132 , il quale verifica anche
l'inesistenza di controindicazioni sanitarie.
Gli interventi possono essere altresì praticati presso
gli ospedali pubblici specializzati, gli istituti ed enti
di cui all'articolo 1, penultimo comma, della legge 12 febbraio
1968, n. 132, e le istituzioni di cui alla legge 26 novembre
1973, numero 817, ed al decreto del Presidente della Repubblica
18 giugno 1958, n. 754, sempre che i rispettivi organi di
gestione ne facciano richiesta.
Nei primi novanta giorni l'interruzione della gravidanza
può essere praticata anche presso case di cura autorizzate
dalla regione, fornite di requisiti igienico-sanitari e
di adeguati servizi ostetrico-ginecologici.
Il Ministro della sanità con suo decreto limiterà
la facoltà delle case di cura autorizzate, a praticare
gli interventi di interruzione della gravidanza, stabilendo:
1) la percentuale degli interventi di interruzione della
gravidanza che potranno avere luogo, in rapporto al totale
degli interventi operatori eseguiti nell'anno precedente
presso la stessa casa di cura;
2) la percentuale dei giorni di degenza consentiti per gli
interventi di interruzione della gravidanza, rispetto al
totale dei giorni di degenza che nell'anno precedente si
sono avuti in relazione alle convenzioni con la regione.
Le percentuali di cui ai punti 1) e 2) dovranno essere non
inferiori al 20 per cento e uguali per tutte le case di
cura.
Le case di cura potranno scegliere il criterio al quale
attenersi, fra i due sopra fissati.
Nei primi novanta giorni gli interventi di interruzione
della gravidanza dovranno altresì poter essere effettuati,
dopo la costituzione delle unita socio-sanitarie locali,
presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati,
funzionalmente collegati agli ospedali ed autorizzati dalla
regione.
Il certificato rilasciato ai sensi del terzo comma dell'articolo
5 e, alla scadenza dei sette giorni, il documento consegnato
alla donna ai sensi del quarto comma dello stesso articolo
costituiscono titolo per ottenere in via d'urgenza l'intervento
e, se necessario, il ricovero.
9. Il personale sanitario ed esercente le attività
ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure
di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l'interruzione
della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza,
con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell'obiettore
deve essere comunicata al medico provinciale e, nel caso
di personale dipendente dello ospedale o dalla casa di cura,
anche al direttore sanitario, entro un mese dall'entrata
in vigore della presente legge o dal conseguimento della
abilitazione o dall'assunzione presso un ente tenuto a fornire
prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o
dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali
che comporti l'esecuzione di tali prestazioni.
L'obiezione può sempre essere revocata o venire proposta
anche al di fuori dei termini di cui al precedente comma,
ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un
mese dalla sua presentazione al medico provinciale.
L'obiezione di coscienza esonera il personale sanitario
ed esercente le attività ausiliarie dal compimento
delle procedure e delle attività specificamente e
necessariamente dirette a determinare l'interruzione della
gravidanza, e non dall'assistenza antecedente e conseguente
all'intervento.
Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono
tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle
procedure previste dall'articolo 7 e l'effettuazione degli
interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo
le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La
regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso
la mobilità del personale.
L'obiezione di coscienza non può essere invocata
dal personale sanitario, ed esercente le attività
ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze,
il loro personale intervento è indispensabile per
salvare la vita della donna in imminente pericolo.
L'obiezione di coscienza si intende revocata, con effetto,
immediato, se chi l'ha sollevata prende parte a procedure
o a interventi per l'interruzione della gravidanza previsti
dalla presente legge, al di fuori dei casi di cui al comma
precedente.
10. L'accertamento, l'intervento, la cura e la eventuale
degenza relativi alla interruzione della gravidanza nelle
circostanze previste dagli articoli 4 e 6, ed attuati nelle
istituzioni sanitarie di cui all'articolo 8, rientrano fra
le prestazioni ospedaliere trasferite alle regioni dalla
legge 17 agosto 1974, n. 386 .
Sono a carico della regione tutte le spese per eventuali
accertamenti, cure o degenze necessarie per il compimento
della gravidanza nonché‚ per il parto, riguardanti
le donne che non hanno diritto all'assistenza mutualistica.
Le prestazioni sanitarie e farmaceutiche non previste dai
precedenti commi e gli accertamenti effettuati secondo quanto
previsto dal secondo comma dell'articolo 5 e dal primo comma
dell'articolo 7 da medici dipendenti pubblici, o che esercitino
la loro attività nell'ambito di strutture pubbliche
o convenzionate con la regione, sono a carico degli enti
mutualistici, sino a che non sarà istituito il servizio
sanitario nazionale.
11. L'ente ospedaliero, la casa di cura
o il poliambulatorio nei quali l'intervento è stato
effettuato sono tenuti ad inviare al medico provinciale
competente per territorio una dichiarazione con la quale
il medico che lo ha eseguito dà notizia dell'intervento
stesso e della documentazione sulla base della quale è
avvenuto, senza fare menzione dell'identità della
donna.
Le lettere b) e f) dell'articolo 103 del testo unico delle
leggi sanitarie, approvato con il regio decreto 27 luglio
1934, n. 1265, sono abrogate.
12. La richiesta di interruzione della gravidanza secondo
le procedure della presente legge è fatta personalmente
dalla donna.
Se la donna è di età inferiore ai diciotto
anni, per l'interruzione della gravidanza è richiesto
lo assenso di chi esercita sulla donna stessa la potestà
o la tutela. Tuttavia, nei primi novanta giorni, quando
vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione
delle persone esercenti la potestà o la tutela, oppure
queste, interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano
pareri tra loro difformi, il consultorio o la struttura
socio-sanitaria, o il medico di fiducia, espleta i compiti
e le procedure di cui all'articolo 5 e rimette entro sette
giorni dalla richiesta una relazione, corredata del proprio
parere, al giudice tutelare del luogo in cui esso opera.
Il giudice tutelare, entro cinque giorni, sentita la donna
e tenuto conto della sua volontà, delle ragioni che
adduce e della relazione trasmessagli, può autorizzare
la donna, con atto non soggetto a reclamo, a decidere la
interruzione della gravidanza.
Qualora il medico accerti l'urgenza dell'intervento a causa
di un grave pericolo per la salute della minore di diciotto
anni, indipendentemente dall'assenso di chi esercita la
potestà o la tutela e senza adire il giudice tutelare,
certifica l'esistenza delle condizioni che giustificano
l'interruzione della gravidanza. Tale certificazione costituisce
titolo per ottenere in via d'urgenza l'intervento e, se
necessario, il ricovero.
Ai fini dell'interruzione della gravidanza dopo i primi
novanta giorni, si applicano anche alla minore di diciotto
anni le procedure di cui all'articolo 7, indipendentemente
dall'assenso di chi esercita la potestà o la tutela.
13. Se la donna è interdetta per infermità
di mente, la richiesta di cui agli articoli 4 e 6 può
essere presentata, oltre che da lei personalmente, anche
dal tutore o dal marito non tutore, che non sia legalmente
separato.
Nel caso di richiesta presentata dall'interdetta o dal marito,
deve essere sentito il parere del tutore. La richiesta presentata
dal tutore o dal marito deve essere confermata dalla donna.
Il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria,
o il medico di fiducia, trasmette al giudice tutelare, entro
il termine di sette giorni dalla presentazione della richiesta,
una relazione contenente ragguagli sulla domanda e sulla
sua provenienza, sull'atteggiamento comunque assunto dalla
donna e sulla gravidanza e specie dell'infermità
mentale di essa nonché‚ il parere del tutore,
se espresso.
Il giudice tutelare, sentiti se lo ritiene opportuno gli
interessati, decide entro cinque giorni dal ricevimento
della relazione, con atto non soggetto a reclamo.
Il provvedimento del giudice tutelare ha gli effetti di
cui all'ultimo comma dell'articolo 8.
14. Il medico che esegue l'interruzione della gravidanza
è tenuto a fornire alla donna le informazioni e le
indicazioni sulla regolazione delle nascite, nonché‚
a renderla partecipe dei procedimenti abortivi, che devono
comunque essere attuati in modo da rispettare la dignità
personale della donna.
In presenza di processi patologici, fra cui quelli relativi
ad anomalie o malformazioni del nascituro, il medico che
esegue l'interruzione della gravidanza deve fornire alla
donna i ragguagli necessari per la prevenzione di tali processi.
15. Le regioni, d'intesa con le università e con
gli enti ospedalieri, promuovono l'aggiornamento del personale
sanitario ed esercente le arti ausiliarie sui problemi della
procreazione cosciente e responsabile, sui metodi anticoncezionali,
sul decorso della gravidanza, sul parto e sull'uso delle
tecniche più moderne, più rispettose dell'integrità
fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione
della gravidanza. Le regioni promuovono inoltre corsi ed
incontri ai quali possono partecipare sia il personale sanitario
ed esercente le arti ausiliarie sia le persone interessate
ad approfondire le questioni relative all'educazione sessuale,
al decorso della gravidanza, al parto, ai metodi anticoncezionali
e alle tecniche per l'interruzione della gravidanza.
Al fine di garantire quanto disposto dagli articoli 2 e
5, le regioni redigono un programma annuale d'aggiornamento
e di informazione sulla legislazione statale e regionale,
e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali esistenti
nel territorio regionale.
16. Entro il mese di febbraio, a partire dall'anno successivo
a quello dell'entrata in vigore della Presente legge, il
Ministro della sanità presenta al Parlamento una
relazione sull'attuazione della legge stessa e sui suoi
effetti, anche in riferimento al problema della prevenzione.
Le regioni sono tenute a fornire le informazioni necessarie
entro il mese di gennaio di ciascun anno, sulla base di
questionari predisposti dal Ministro.
Analoga relazione presenta il Ministro di grazia e giustizia
per quanto riguarda le questioni di specifica competenza
del suo Dicastero.
17. Chiunque cagiona ad una donna per colpa l'interruzione
della gravidanza è punito con la reclusione da tre
mesi a due anni.
Chiunque cagiona ad una donna per colpa un parto prematuro
è punito con la pena prevista dal comma precedente,
diminuita fino alla metà.
Nei casi previsti dai commi precedenti, se il fatto è
commesso con la violazione delle norme poste a tutela del
lavoro la pena è aumentata.
18. Chiunque cagiona l'interruzione della gravidanza senza
il consenso della donna è punito con la reclusione
da quattro a otto anni. Si considera come non prestato il
consenso estorto con violenza o minaccia ovvero carpito
con l'inganno.
La stessa pena si applica a chiunque provochi l'interruzione
della gravidanza con azioni dirette a provocare lesioni
alla donna.
Detta pena è diminuita fino alla metà se da
tali lesioni deriva l'acceleramento del parto.
Se dai fatti previsti dal primo e dal secondo comma deriva
la morte della donna si applica la reclusione da otto a
sedici anni; se ne deriva una lesione personale gravissima
si applica la reclusione da sei a dodici anni; se la lesione
personale è grave questa ultima pena è diminuita.
Le pene stabilite dai commi precedenti sono aumentate se
la donna è minore degli anni diciotto.
19. Chiunque cagiona l'interruzione volontaria della gravidanza
senza l'osservanza delle modalità indicate negli
articoli 5 o 8, è punito con la reclusione sino a
tre anni.
La donna è punita con la multa fino a lire centomila.
Se l'interruzione volontaria della gravidanza avviene senza
l'accertamento medico dei casi previsti dalle lettere a)
e b) dell'articolo 6 o comunque senza l'osservanza delle
modalità previste dall'articolo 7, chi la cagiona
è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
La donna è punita con la reclusione sino a sei mesi.
Quando l'interruzione volontaria della gravidanza avviene
su donna minore degli anni diciotto, o interdetta, fuori
dei casi o senza l'osservanza delle modalità previste
dagli articoli 12 e 13, chi la cagiona è punito con
le pene rispettivamente previste dai commi precedenti aumentate
fino alla metà. La donna non è punibile.
Se dai fatti previsti dai commi precedenti deriva la morte
della donna, si applica la reclusione da tre a sette anni;
se ne deriva una lesione personale gravissima si applica
la reclusione da due a cinque anni; se la lesione personale
è grave questa ultima pena è diminuita.
Le pene stabilite dal comma precedente sono aumentate se
la morte o la lesione della donna derivano dai fatti previsti
dal quinto comma.
20. Le pene previste dagli articoli 18 e 19 per chi procura
l'interruzione della gravidanza sono aumentate quando il
reato è commesso da chi ha sollevato obiezione di
coscienza ai sensi dell'articolo 9.
21. Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 326
del codice penale, essendone venuto a conoscenza per ragioni
di professione o di ufficio, rivela l'identità o
comunque divulga notizie idonee a rivelarla di chi ha fatto
ricorso alle procedure o agli interventi previsti dalla
presente legge, è punito a norma dell'articolo 622
del codice penale.
22. Il titolo X del libro II del codice penale è
abrogato. Sono altresì abrogati il n. 3) del primo
comma e il n. 5) del secondo comma dell'articolo 583 del
codice penale.
Salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di
condanna, non è punibile per il reato di aborto di
donna consenziente chiunque abbia commesso il fatto prima
dell'entrata in vigore della presente legge, se il giudice
accerta che sussistevano le condizioni previste dagli articoli
4 e 6.