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Commenti a favore di Cornwell

 

Tratte da Shalom

 


 

 

Intervista esclusiva allo storico John Cornwell

"Pacelli, il Papa perfetto per il Nazismo"

di Marco Spagnoli

Giornalista, collaboratore di numerose testate come The Indipendent e The Observer, John Cornwell è responsabile del Dipartimento di ricerca del prestigioso Jesus College di Cambridge. Storico rigoroso, a metà degli anni Novanta Cornwell si era impegnato a studiare la vita di Pio XII convinto che se fosse stata redatta un'ampia biografia del Papa, tutti i velenosi dubbi riguardo la sua statura morale e politica sollevati nel 1963 con l'opera teatrale di Rolf Hochhuth Il vicario si sarebbero dileguati.

L'intento di Cornwell era nobile, e così ha avuto accesso a materiale che lui stesso definisce come "cruciale" e che due generosi archivisti in buona fede ebbero modo di mostrargli, principalmente deposizioni giurate raccolte trenta anni fa per la causa di beatificazione del Papa, e documenti provenienti dalla Segreteria di Stato vaticana. Nel 1997 il risultato del suo lavoro lo condusse ad uno stato di shock morale: Pio XII, il Papa che avrebbe voluto difendere, si era rivelato un antisemita che tradì (non del tutto involontariamente) le associazioni cattoliche per favorire l'ascesa di Adolf Hitler al potere impedendo così di dare corso ad una contestazione nei confronti del Fuhrer che avrebbe potuto cambiare la storia del Ventesimo secolo e forse rendere impossibile l'applicazione della 'Soluzione finale' per il Genocidio degli Ebrei. Accusa che il Vaticano ha sempre respinto (Cornwell doveva originariamente aiutare con il suo volume a smentire queste illazioni), ma sta di fatto che in meno di un mese è stata prima rinviata la beatificazione di Pio XII a data da destinarsi, poi è stata istituita una Commissione mista di cattolici ed ebrei per esaminare i materiali dell'Archivio vaticano sul periodo della Seconda Guerra Mondiale. Sebbene il nome di Pio XII non venga mai menzionato, è ovvio che la Commissione dovrà analizzare l'operato del Pontefice.

In anteprima per l'Italia su Shalom, John Cornwell ripercorre la vita di Pio XII e le motivazioni per le quali ha voluto scrivere una biografia su di lui.

SHALOM: Il titolo del suo libro Hitler's Pope (Il Papa di Hitler) è molto forte e ha suscitato forti reazioni da parte degli ambienti vicini al Vaticano. Perché lo ha scelto?

CORNWELL: Insieme all'editore Penguin di New York e Londra abbiamo sviluppato una lista di quaranta titoli diversi. Nessuno era completamente soddisfacente. A Londra mi fecero notare che usavo la definizione "il Papa di Hitler" anche nel testo, quindi scegliemmo questo perché ben rappresentava il senso dell'opera. Personalmente ero preoccupato riguardo questo titolo, perché consapevole che fosse molto forte, ed ho passato molte notti insonni a rifletterci su. Alla fine mi sono convinto anche io che era il titolo più adatto, perché Pio XII era davvero "il migliore Papa possibile" per Adolf Hitler. La riprova stava in come Papa Pacelli cercò a tutti i costi di sottoscrivere un concordato con la Germania nazista, in come si comportò durante la guerra e ancora per quello che affermò nel famoso messaggio radiofonico del Natale del 1942, quando avrebbe fatto meglio a tacere piuttosto che a dire qualcosa che fosse la negazione di quanto stavano soffrendo gli ebrei. In tal senso Pio XII era il Papa perfetto per Hitler, perché parlava direttamente alla coscienza di trentaquattro milioni di cattolici tedeschi. Mi sembrava che si potesse stabilire un parallelo tra l'idea di Pio XII del Papato nel Ventesimo secolo e il culto della personalità che esisteva nel fascismo e nel nazionalsocialismo. L'ideologia del potere papale da questo punto di vista era ottimale per quanto riguardava gli ideali del fascismo. Tutto il suo papato è stato perfetto per gli scopi dei regimi di Hitler e Mussolini.

SHALOM: Qualcuno l'ha accusata di avere usato un linguaggio piuttosto crudo nel suo libro...

CORNWELL: Fa parte della campagna volta a screditarmi, organizzata dall'ala più radicale della Chiesa cattolica. Ho semplicemente riportato le cose come sono andate e le parole come sono state dette secondo le carte e secondo le deposizioni dirette. Del resto molti di questi critici mi hanno chiamato con epiteti come "Anticristo", "Giuda" e "Bugiardo". Termini che sorprendono ancora di più se messe in bocca a chi mi accusa di avere usato parole forti...

SHALOM: L'elemento più rilevante del suo libro è l'analisi dell'azione della Santa Sede durante gli anni Trenta in Germania. Se Pio XII non fosse stato tanto desideroso di portare avanti la sua politica di concordati, i cattolici tedeschi avrebbero potuto condurre anche un'opposizione politica nei confronti del regime nazista. Sostanzialmente lei dice che se il Papa avesse avuto un'altra strategia diplomatica, forse non ci sarebbe stata la Seconda Guerra Mondiale...

CORNWELL: Pio XII ha voluto a tutti i costi raggiungere un concordato con Hitler che riconoscesse il diritto della Santa Sede di applicare il Diritto canonico del 1917 anche in Germania. L'idea centralista del papato di Pio XII ha così involontariamente indebolito la chiesa locale tedesca. Nel 1897 Pio IX aveva scritto un'enciclica contro la cosiddetta Kulturkampf prussiana, esimendo i cattolici tedeschi dall'obbedire alle leggi dello Stato. Quello che io ho voluto dire è che se Papa Pacelli avesse dispensato i cattolici dall'obbedire ai nazisti, l'intera Storia del ventesimo secolo sarebbe potuta essere molto diversa. So che questa costituisce una grossa pretesa da parte mia, ma è quanto viene chiaramente fuori dalla lettura dei documenti cui ho avuto accesso. Ne è una riprova ulteriore l'opera dello storico Saul Friedlander che cita chiaramente la frase che Hitler pronunciò dinanzi ai suoi ministri durante la prima riunione di gabinetto dopo la stipula del Concordato con il Vaticano: "Adesso grazie al Concordato abbiamo le mani libere per la persecuzione degli ebrei." Questo da solo è un terribile atto di accusa nei confronti del Concordato stesso e di tutta la politica della Santa Sede.

SHALOM: Cosa pensava Papa Pacelli, mentre iniziavano le persecuzioni nei confronti degli ebrei e anche degli stessi cattolici, visto che lei cita numerosi episodi in cui questi ultimi furono picchiati selvaggiamente dalle camicie brune hitleriane durante la prima applicazione del Concordato come anche in occasione dell'adunata di 25.000 cattolici tedeschi l'8 giugno del 1933 a Monaco?

CORNWELL: Per rispondere a questa domanda dobbiamo ricordare che Pio XII cercava di raggiungere il concordato con i tedeschi fino dal 1919. È abbastanza chiaro che questa sua ossessione gli fece dimenticare o ignorare le conseguenze del suo atto.

SHALOM: Perché questo concordato era tanto importante per lui?

CORNWELL: In Germania ogni singolo lander aveva degli accordi privati con il Vaticano per stabilire delle regole particolari nella scelta dei vescovi locali. Questo è il motivo per cui egli andò personalmente in Germania: l'affermazione dell'autorità papale in materia politica stava alla base della sua stessa idea di papato. Pio XII scrisse sull'Osservatore Romano che l'applicazione del Concordato corrispondeva esattamente ed unicamente all'affermazione in Germania del Diritto Canonico. Nei mesi successivi, però, ritengo che egli stesso abbia iniziato a preoccuparsi riguardo a quanto aveva fatto. Alcuni storici affermano che egli fu forzato ad agire così dalle circostanze. Personalmente non lo credo. Penso che fu un errore compiuto per favorire la politica papale del ventesimo secolo e un suo ipotetico ruolo che avrebbe dovuto avere al centro delle potenze totalitarie.

SHALOM: Gli storici affermano che Pio XII fu informato in ritardo delle persecuzioni razziali degli ebrei, dei cattolici polacchi, degli zingari. Lei crede che Pio XII potesse davvero non sapere quello che accadeva in tutta Europa?

CORNWELL: Francamente mi domando come potesse non sapere. La documentazione che ho consultato parla chiaro: dal 1933 in poi il Papa era al corrente della persecuzione degli ebrei. Anche durante la cosiddetta 'Notte dei lunghi coltelli', quando furono uccisi cinque eminenti cattolici, come poteva il Papa non capire quello che stava succedendo? Come poteva non sapere quello che era accaduto durante la "Notte dei cristalli"? Nell'aprile del 1933, mentre stava negoziando i benefici per le scuole cattoliche, lui sapeva che gli ebrei venivano cacciati dalle scuole e dalle università. C'erano rapporti dettagliati da parte dei vescovi riguardo agli ebrei come Edith Stein, convertitisi al cattolicesimo, che soffrivano quanto gli altri ebrei. Non posso non interrogarmi su come Papa Pacelli abbia potuto accettare dei benefici per la scuola cattolica dallo stesso governo nazista che nel frattempo riduceva i diritti degli ebrei. C'è una sorta di complicità tra il Papa e Hitler che sembra sfuggire a molti. Inoltre, dopo le leggi di Norimberga del 1934, perché fu permesso ai preti di dare informazioni sulla popolazione sfruttando gli archivi delle diocesi dove erano conservati i registri?

SHALOM: Vorrebbe dire che Pio XII si è macchiato di qualche crimine ben più grave del silenzio e dell'omissione di aiuti nei confronti degli ebrei?

CORNWELL: Non si tratta di semplice conoscenza dei fatti, e non si tratta di mero silenzio. Tra Pio XII e i nazisti c'era una sorta di profonda complicità che nessuno ha mai voluto tirare fuori.

SHALOM: Cosa motivò questa 'complicità' con Hitler?

CORNWELL: Due elementi, soprattutto; volgendo uno sguardo d'insieme su tutta la sua vita e la sua carriera, posso affermare che egli non considerò mai davvero un oltraggio morale quello che veniva fatto agli ebrei. Inoltre, pensò che i cattolici avrebbero potuto andare incontro a dei guai se avessero difeso gli ebrei. Pio XII considerava questi ultimi i veri responsabili dei loro problemi. Secondo lui, questi avevano tentato di abbattere la civiltà cristiana e la Chiesa cattolica tramite una cospirazione internazionale. Credeva dunque che i cattolici non dovessero rischiare nulla per difendere gli ebrei dai nazisti.

C'è anche un altro elemento: Pio XII era convinto di dovere favorire in tutti i modi la centralizzazione della Chiesa cattolica che era nell'occhio del ciclone - almeno lui riteneva così - di forze centrifughe destinate altrimenti a distruggerla. Andare di pari passo con la diffusione del nazismo in Germania - secondo lui - avrebbe evitato una possibile divisione all'interno dei cattolici tedeschi e quindi avrebbe reso più forte la sua Chiesa.

SHALOM: Eppure molti sacerdoti e molte suore si prodigarono in favore dei perseguitati dai nazisti, spesso pagando con la vita il prezzo delle loro scelte ...

CORNWELL: Sono contento che lei abbia citato queste persone, perché l'importanza della loro azione sta nel fatto che in maniera nobile e coraggiosa rifiutarono l'idea di avere un legame con il nazionalsocialismo al punto di andare contro la politica di Pio XII. Non erano molti, costituivano piuttosto delle eccezioni all'interno di una minoranza. Questo perché i tedeschi in genere hanno un profondo senso dell'obbedienza e perché i cattolici intuivano che il concordato aveva in qualche maniera soddisfatto il loro desiderio di potersi sentire finalmente completamente tedeschi, dimenticando così il retaggio dell'enciclica contro la Kulturkampf.

SHALOM: Il professor Riccardi, presidente della Comunità di Sant'Egidio, dichiara che lei non ha visionato alcun documento nuovo e che il suo libro sfrutta elementi già noti agli studiosi. Quali sono i documenti consultati per arrivare ad una conclusione che rischia di riscrivere la storia del ventesimo secolo, e come mai nessuno se ne era accorto prima?

CORNWELL: Molte persone all'interno del Vaticano hanno potuto leggere quello che ho visto io: più corretto sarebbe domandarsi perché nessuno di questi ha ritenuto opportuno che il mondo venisse a conoscenza dell'operato del Papa prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale. Ancora nella primavera di quest'anno mi è stato fatto sapere che veniva considerato illegale che io pubblicassi questo libro fondato sul materiale cui avevo avuto accesso. Gli archivi vaticani della Segreteria di Stato sono stati aperti per la prima volta nel 1997 ed io avevo il numero 1 sul cartellino che mi autorizzava ad entrare in quel palazzo dove - mi si diceva - nessuno era mai stato prima. Ad ogni modo posso affermare che il materiale non è tutto consultabile, e ci sono ancora numerose sorprese nascoste negli archivi. Del resto nessuno ha mai messo in dubbio l'autenticità del materiale che ho pubblicato. La cosa più incredibile è che io stesso ho trovato sessanta lettere - che nessuno aveva letto prima di me - di Francis D'Arcy Osborne, l'ambasciatore inglese presso la Santa Sede, e della persona che le aveva ricevute. Personalmente ho trovato patetico che una lettera fortemente antisemita di Pio XII fosse stata scritta da qualcun altro, mentre lui aveva semplicemente apposto la sua firm


Pio XII e la persecuzione degli ebrei

Amos Luzzatto - Presidente Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

"Non è nostra intenzione fare battaglie, al contrario. Sommessamente diciamo che le ragioni del famoso silenzio andrebbero approfondite. Pio XII si era offerto di contribuire alla raccolta dell'oro richiesto dai nazisti per evitare la deportazione del Ghetto di Roma; e quando le Chiese e i Conventi offrirono rifugio agli ebrei, questo non avvenne sicuramente senza un nulla osta del Vaticano. Noi abbiamo espresso subito la nostra gratitudine per questi aiuti. Ma ci chiediamo se non c'erano anche possibilità più forti, interventi preventivi, per evitare la tragedia dell'Olocausto.

Si prenda atto che il silenzio (di Pio XII) c'è stato. Innegabile. Non so se le cose sarebbero andate peggio in caso di una pronuncia. Come non lo sa, però, chi dice che il Papa ha fatto bene a tacere. Mi limito ai fatti: tacque. Se poi si dice 'non fu l'unico a tacere, tacquero anche i leader dei governi alleati debitamente informati', è vero".

Sandro Di Castro - Presidente Comunità Ebraica di Roma

''La beatificazione di Pio XII stride con le prese di posizioni di Giovanni Paolo II contro ogni sterminio. Non vogliamo dire alla Chiesa quello che deve o non deve fare, essa agisce in piena autonomia. Anche noi però, in piena autonomia, possiamo dare un giudizio e confermiamo tutta la nostra perplessità".

A riguardare nel suo complesso l'azione politica internazionale di questo Papa, si ha la netta impressione che le sue deficienze, la mancanza assoluta di qualsiasi corrispondenza tra la sua parola, il suo gesto, i suoi enunciati e la bruciante realtà circostante non siano affatto imputabili all'individuo, ma unicamente a quel complesso di idee e di valori che, ormai ufficiale dell'ortodossia cattolica, risulta essere un'arida e tradigrava sopravvivenza di situazioni ideali, culturali e religiose nettamente superate dal cammino dei tempi e delle esperienze collettive.
(E. Buonaiuti, Pio XII, Ed. Riuniti).


Un'impietosa e documentata biografia di Pio XII nel libro "Il Papa di Hitler"

Quelle ombre sul Vaticano

di Marco Spagnoli

"L 'umanità è in debito di questa promessa con le centinaia di migliaia di persone, le quali senza colpa propria, talora solo per ragione di nazionalità o di stirpe, sono destinate alla morte o a un progressivo deperimento". Queste ambigue parole trasmesse durante il messaggio radiofonico della vigilia del Natale del 1942 sono le uniche che ufficialmente Pio XII pronunciò in difesa del popolo ebraico e contro il suo triste destino nei campi di sterminio. Frasi che lasciano stupefatti e che secondo alcuni storici vicini al Vaticano costituiscono un "veemente" monito contro la 'Soluzione finale'. Non la pensa così John Cornwell, autorevole storico britannico che nel suo libro Hitler's Pope (Il Papa di Hitler) ripercorre l'intera vita di Eugenio Pacelli, divenuto Papa con il nome di Pio XII il 12 marzo 1939. E la monumentale biografia scritta da Cornwell è in realtà molto più dura e carica di accuse, rispetto a quanto si capiva dalle anticipazioni dei mesi scorsi di alcuni quotidiani. Un atto di accusa psicologicamente motivato e storicamente supportato contro Pio XII e il suo pontificato. Secondo lo storico inglese, Papa Pacelli fu un antisemita, un complice di Hitler, un politico spregiudicato che per favorire la sua idea di restaurare il potere perduto di un Papato centralista, commise - come Segretario di Stato e come Pontefice - un errore dopo l'altro, favorendo drammaticamente l'ascesa del nazismo, aprendo virtualmente le porte allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e non muovendo un solo dito in difesa degli ebrei, uccisi e deportati nei campi di sterminio di cui fu sempre al corrente. Non solo: dopo la guerra si arrogò crediti che non aveva, mentendo riguardo all'opera svolta durante le deportazioni. Un libro che obbliga moralmente a riconsiderare la Storia del ventesimo secolo, ponendo interrogativi inquietanti su Pio XII, che devono trovare una risposta nel nome della Verità.

Nato a Roma il 2 marzo del 1876 in Via Monte Giordano 3, quella strada che oggi si chiama Via degli Orsini e in cui per secoli ogni nuovo Papa aveva celebrato un rito antiebraico nel percorso che lo conduceva a San Giovanni in Laterano, Eugenio Pacelli crebbe in una famiglia di avvocati della Santa Sede, provando un forte sentimento antisemita come è testimoniato da alcune lettere che scrisse come Nunzio apostolico in Germania negli anni della Prima Guerra mondiale. Protagonista di una sorprendente carriera all'interno del Vaticano, che trovò il suo culmine prima come Segretario di Stato e poi come Vicario di Cristo, Pacelli - secondo quanto scrive Cornwell - ignorò ripetutamente i segnali che lo avrebbero dovuto indurre a dubitare di Hitler e dei nazisti, con cui volle a tutti i costi arrivare a firmare un Concordato.

Il risultato principale di tale accordo con il Fuhrer fu quello di indebolire l'opposizione dei cattolici contro il nazismo. Ma - sempre secondo i documenti recuperati dallo storico - gli errori di Pacelli non furono dovuti affatto a ingenuità politica. La sua natura di figlio di una borghesia papalina strettasi intorno a Pio IX dopo la presa di Roma da parte dei bersaglieri, lo portava a desiderare ardentemente di restaurare l'antico fulgore dello Stato pontificio. In tal senso la sua azione politica e spirituale era ispirata a quella di rappresentante di una teocrazia assolutista di cui andava tutelata l'autonomia politica. Era un uomo che voleva a tutti i costi diventare Santo, era il Papa fautore di trattative impossibili, era il Pontefice che per la sua posa estatica a braccia larghe (come lo si vede nelle foto che lo ritraggono di fronte San Lorenzo bombardata dagli americani) si era ispirato durante un suo viaggio alla statua del Cristo che domina Rio De Janeiro. Il suo non prendere mai una posizione decisa, il cercare di mediare sempre, distillando una ambiguità politica che non scontentasse nessuno riuscì, invece, ad inimicargli tutte le potenze del mondo e i loro governanti. Un uomo che avrebbe potuto dire e fare molto e che, invece, con la sua politica tentennante non riuscì neanche a salvare gli ebrei di Roma. Questi, disperati con i bambini terrorizzati sotto le percosse dei nazisti, il 16 ottobre del 1943 urlarono invano il suo nome dalle camionette che li portavano al Collegio Romano in Via della Lungara da dove, in carro bestiame, sarebbero stati trasferiti ad Auschwitz e Bergen Belsen, mentre i soldati delle SS guardavano ammirati la cupola di Michelangelo. E dire che, invece, la sua ossessione per il 'Bolscevismo giudeo' aveva fatto sì che Pio XII prendesse più volte posizione contro i comunisti. Considerando la Rivoluzione russa il prodromo di un complotto giudaico volto alla distruzione del Cristianesimo, al punto di rimanere in dubbio se era peggio il nazismo o il comunismo, e arrivando a domandarsi se - in fin dei conti - i soldati della Wermacht, inviati da Hitler nella fallimentare Operazione Barbarossa per l'annientamento dell'U.R.S.S., avrebbero potuto 'evangelizzare' i comunisti sovietici. Un'idea che fece sobbalzare il Fuhrer il quale - in realtà - dopo la vittoria della guerra si sarebbe preparato a liquidare Pacelli e la Chiesa di Roma. Questo sì che sarebbe stato un bel ringraziamento - fa notare Cornwell - per colui che aveva distrutto l'enciclica del suo predecessore Pio XI il quale - il 6 settembre del 1938 (l'anno della promulgazione delle leggi razziali in Italia, in cui il Papa era andato a Castel Gandolfo prima del solito per evitare di incontrare personalmente Hitler) - aveva pubblicamente affermato di fronte ad alcuni pellegrini belgi quanto errato fosse l'antisemitismo. Dichiarazione che Pacelli come Segretario di Stato censurò vigorosamente sia su L'Osservatore Romano che sulla rivista dei gesuiti Civiltà cattolica ed è arrivata fino a noi grazie a Don Luigi Sturzo che la pubblicò dal suo esilio in Belgio. Una reazione vigorosa e tardiva quella di Pio XI, culminata nell'Enciclica dedicata all'unicità del genere umano Humani generis unitas che poté vedere stampata solo qualche giorno prima della sua morte nel febbraio del 1939. Qualcuno ipotizzò che la fine del pontefice fosse stata "accelerata" per motivi politici. Fatto sta che il successore Pio XII non pubblicò mai l'enciclica, immediatamente seppellita e dimenticata negli Archivi vaticani. Un'omissione dopo l'altra, un errore politico dopo l'altro, un'incertezza dopo l'altra, il pontificato di Pio XII finì per essere - secondo la ricostruzione offerta da Cornwell - una rovina per il mondo, per i cattolici (cui limitò e umiliò l'impegno politico) e per gli ebrei, che non difese per timore di rappresaglie. L'unico a trarne qualche beneficio fu, invece, Adolf Hitler, che intuì subito quanto Pacelli fosse adatto e utile per perpetrare i suoi mostruosi scopi. Da qui il titolo di una sconvolgente biografia costellata di episodi vergognosi di cui il Papa fu protagonista, e che si chiude idealmente con le parole del testamento di Pio XII: "Chiedo umilmente perdono a tutti coloro che ho offeso, danneggiato e scandalizzato...".
(John Cornwell, Hitler's Pope, Viking Press - Londra)